ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

23 luglio, 2015

Bayreuth 2015: debutta la coppia Christian-und-Kathi

  



Sì, una specie di Tristan-und-Isolde, della cui nuova produzione – la grande novità di quest’anno - i due saranno i principali artefici, a partire da sabato 25 luglio. (Qualche maligno potrebbe anche proporre un parallelo con la famigerata coppia Winifred Wagner - Heinz Tietjen di hitleriana memoria!)


Lei come premio riceverà, proprio alla chiusura dell’edizione 104 del Festival, l’esclusiva della Direzione di questo circo-barnum, essendosi finalmente sbarazzata (grazie al determinante aiuto del Kapellmeister, si mormora) della sorellastra Eva con la quale aveva dovuto dividere il posto dal lontano 2009. Lui - smaltita la delusione per la mancata chiamata dai Berliner - da semplice preparatore musicale del Festival ne diventa Musikdirektor.

E per mettere subito in chiaro chi comanda in fatto di suoni e voci, l’autoritario Christian ha già licenziato non una, ma ben due Isolde (poi l’ufficialità vuole si sia trattato di spontanee rinunce delle cantanti): dapprima è toccato ad Eva-Maria Westbroek e poi è stata la volta di Anja Kampe. Così il personaggio della selvaggia Irlands Kind sarà interpretato da Evelyn Herlitzius, non nuova nel ruolo, che peraltro non è certo un suo cavallo di battaglia.     

Navigando nel sito del Festival, ho notato un particolare che mi sembra – potrei sbagliare – un’assoluta novità: si ipoteca già il 2016! Nel senso che le statistiche del Festival (che di norma dovrebbero comprendere la corrente edizione, non anche le future!) già includono invece anche il 2016 per molti (non tutti, attenzione!) i protagonisti – sonori e non – dei titoli. Per dire, Stephen Gould è già consuntivato come Tristan anche per l’anno prossimo, mentre invece la Herlitzius risulta assumere il ruolo di Isolde limitatamente al 2015. Un caso interessante riguarda il Ring, per il quale il regista Castorf è già accreditato anche dell’edizione 2016, mentre Kirill Petrenko è fermo al 2015: mica ci sarà sotto qualcosa con Thielemann per via della preferenza data dai Berliner al russo, che per di più se la spassa con la Kampe, dal medesimo Thielemann protestata per il ruolo di Isolde?... Sì, tutti sanno che certi contratti si stipulano con anni e anni di anticipo (così come vengono disdetti anche senza preavviso, come ben sappiamo dalle vicende scaligere) ma altra cosa è indicare già oggi la presenza 2016 nel curriculum bayreuthiano di un tenore (o di un costumista, per dire): fossi nei citati a futura memoria mi procurerei da qualche immigrato napoletano una montagna di amuleti scaccia-sfiga!

Per chi, nonostante le svendite last-minute, si ostina a non pianificare il pellegrinaggio alla verde collina, c’è sempre la radio: mamma RAI (Radio3) ci delizierà con Tristan (25, 16:00) Lohengrin (26, 16:00) e Holländer (31, 18:00) risparmiandoci ancora il Ring petrolifero di Castorf.

Ma al Ring ci pensa, come sempre, momia Radio Clasica, che ci eviterà di perdere la pregevole – ne sarei certo – esecuzione di Petrenko (27-28-30-1).
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Dunque, Tristan! Sempre spulciando il sito del Festival, si scopre una significativa pagina bianca al link intitolato Inszenierung, dove per gli altri titoli si trovano invece note (più o meno interessanti) sui diversi allestimenti. Domanda: perché? Segreto industriale della Kathi che non vuole sbilanciarsi nemmeno di un millimetro, per sorprenderci (anzi no, sorprendere chi vorrà anche vedere, oltre che ascoltare) sabato prossimo? Oppure il Konzept della pronipotina terribile è così complicato che non lo si può presentare in 50 righe? Oppure il palco resterà vuoto come la pagina web e anche i cantanti saranno giù a cuocere nella fossa? Vedremo (anzi: vedranno). 


Come sua abitudine, Wagner prese lo spunto per il suo Tristan dai racconti medievali (primo fra tutti quello di Gottfried von Straßburg) per poi liberamente piegarli alle proprie concezioni estetiche e filosofiche. Ecco quindi che quelle farraginose e improbabili storie diventano, nella sua penna, autentici capolavori dove la componente psicologica prende quasi sempre il sopravvento. Non per nulla si parla di Wagner come del Freud ante-litteram.

Tristan si può benissimo interpretare come dramma che nasce dal conflitto quasi insanabile fra due personalità tanto forti da preferire l’auto-annullamento piuttosto che svelare per prime i propri sentimenti: nel nostro caso un maschilismo e un femminismo a dir poco autodistruttivi. E il primo atto della Handlung non fa che sviluppare questo assunto; poi ci penserà il filtro magico a garantire l’esistenza dei due atti successivi.    

Il big-bang dal quale prende inizio e sviluppo il dramma è un ben preciso e fatale momento: l’istante dello sguardo. Quello che i due si scambiano quando lei, dopo averne curato la ferita, ha riconosciuto nel sedicente Tantris il nemico Tristan, l’uccisore del suo promesso sposo (Morold). Così, invece di ucciderlo, fulminata dallo sguardo di lui, lascia cadere la spada e lo risparmia: ciò facendo gli rivela implicitamente il suo amore, ma la sua presunzione (di donna intellettualmente emancipata) e insieme il suo subconscio (di donna tout-court) le impediscono di abbassarsi ad esternargli il suo sentimento, e le impongono di attendere che sia Tristan a fare il primo passo.

Tristan non solo si rende conto di essersi, a sua volta e in quel preciso momento, innamorato (orrore, per un cavaliere della sua statura!) e sa perfettamente - o almeno così crede il suo maschilista subconscio - di aver fatto colpo, con quello sguardo, su Isolde; ma la sua presunzione (di maschio superiore) gli impedisce di abbassarsi ad esternarle il suo sentimento, e gli impone di aspettare che sia lei a cadergli ai piedi.

Ecco il cuore del dramma: entrambi aspettano che sia l’altro(a) a cedere per primo(a). Una situazione di stallo, un autentico surplace; e quindi un equilibrio instabile, che non può diventare normalità, ma che dovrà essere rotto, inevitabilmente e traumaticamente.

Infatti, siccome nessuno dei due è disposto a cedere, la nevrosi che si crea all’interno delle rispettive psiche e quindi fra le loro persone, sale fino al parossismo. Entrambi perdono letteralmente la testa (in linguaggio scientifico: schizofrenia acuta) e mettono in atto sconsiderati propositi di distruzione dell’altro(a), in un’assurda e freudiana escalation, che culmina con il gesto di suprema, speculare presunzione: l’assunzione del filtro di morte.

E per l’appunto il filtro libera finalmente entrambi dalla schiavitù delle convenzioni (i vacui e presuntuosi vaneggiamenti, i rispettivi Träume, di Ehre e Schmach) e così può finalmente entrare in campo e in scena una cosa, straordinaria ma indescrivibile perchè oscura (misterioso, altero...) che quelle stesse convenzioni (di cui anche noi spettatori siamo schiavi) chiamano irrispettosamente: amore.

Nel primo atto, Wagner ci fa di Tristan e Isolde due ritratti - per certi aspetti - simili, o speculari (sono entrambi affetti da acuta schizofrenia) ma per altri assai diversi; in particolare:
- Isolde racconta apertamente e senza pudore i suoi sentimenti: a Brangäne e a tutti noi, ma non a Tristan; a quest’ultimo racconta più che altro storie inverosimili, o come minimo provocatorie;
- Tristan invece, i suoi sentimenti non li racconta proprio a nessuno (nè a Kurwenal, nè a noi, nè tanto meno ad Isolde).

Già in ciò possiamo forse individuare un tratto che oggi si definirebbe maschilista nel carattere di Tristan, ma in realtà di Wagner medesimo. (Ne avremo una chiara conferma al momento dell’assunzione del filtro: Isolde la programmerà come atto congiunto e unificante, mentre Tristan la compirà smaccatamente da solo, come manifestazione di superiorità.)

Dunque, Tristan e Isolde, al primo sguardo, si sono innamorati. O meglio: nelle rispettive psiche è scoccata una scintilla, il big-bang appunto, si è prodotta la classica oscillazione brusca, tipica dei sismografi allorquando rilevano un - vicino o lontano - terremoto.

Che Isolde sia innamorata ce lo dice - ma proprio esplicitamente - lei stessa, all’inizio della Scena II: Mir erkoren, mir verloren, hehr und heil, kühn und feig! Todgeweihtes Haupt! Todgeweihtes Herz! Non c’è dubbio che si tratti di una straordinaria dichiarazione d’amore. Però si tratta di un amore impossibile, quello di una donna per un uomo votato - ragione e sentimento - alla morte! Uno - crede lei - per il quale l’amore è una categoria sconosciuta, che non trova posto nella sua Heldenleben (per questo, oltre che kühn - ardito - è anche feig - vile!) Ma essendo lei prigioniera della sua stessa presunzione, oltre che delle convenzioni, si guarda bene dal muovere il primo passo verso l’amato.

Tantris, guarito da Isolde, torna come Tristan a casa di Re Marke, in Cornovaglia, ma quella scintilla, scoccata nella sua psiche al momento dello sguardo, ha ormai fatto divampare un incendio che lo sta consumando insopportabilmente. Come ammetterà nell’Atto II, in fondo al cuore (...bis in des Herzens tiefsten Schrein) la ama, ma contemporaneamente il suo subconscio comincia ad odiarla, come responsabile di avergli creato questa condizione, per lui innaturale: ma come! un puro eroe che si è fatto irretire da una donna? Per di più così superbamente fiera (...so rühmlich schien und hehr...) che gli pare irraggiungibile, a meno che lui non si abbassi ad abdicare all’intero suo sistema di valori. E questo è ancora nulla: la donna in realtà ha anche in mano la sua vita, e non una, ma due volte addirittura: per avergli risparmiato una sicura morte (la spada lasciata cadere) e poi per averlo curato e rimesso in salute. 


Questa doppiezza di sentimenti (schizofrenia amore-odio) ingenera in Tristan l’idea di un folle disegno: far sì che lei sia costretta ad essergli vicina, così da minacciarla con un’alternativa secca: la prospettiva di rodersi nell’ansia per il resto dei suoi giorni, o cedere e dichiararsi a lui. Domanda: perché mai Tristan obbliga un riluttante Re Marke, addirittura minacciando di abbandonarlo, ad accettare Isolde in moglie? Nella sua lunga esternazione del second’atto, dopo la scoperta del flagrante adulterio, il sovrano ricorda come si fosse fieramente opposto all’idea del matrimonio ed avesse infine ceduto alle pressioni quasi ricattatorie del popolo sobillato da Tristan, che aveva poi preteso di essere lui stesso a recapitargli Isolde, andandola a prelevare in Irlanda. E tutto ciò per trovarsi ora tradito proprio dal suo delfino e proprio con la moglie! Il Re, oltre e più che addolorato, è incredulo e stupito (…warum mir diese Hölle?) dal comportamento di Tristan.

Il quale comportamento non è certo determinato dal codice cavalleresco, bensì dalla tremenda frustrazione (e relativa dissociazione) che lacera la sua psiche! E già dal viaggio di ritorno dall’Irlanda, sulla nave ammiraglia che ci appare all’alzarsi del sipario, Tristan mette in atto il suo piano: restare a portata di sguardo di Isolde, e contemporaneamente ignorarla. Costringerla ad uno psicologico e logorante braccio di ferro, da cui lei esca comunque piegata: o rassegnandosi a subire una perenne sofferenza, o cedendogli finalmente (nel qual caso a Tristan basterebbe dare un semplice comando alla ciurma: virare a dritta di 90°, e volgere la prua a sud, invece che ad est!)

Che Tristan in cuor suo aspetti quest’ultimo evento risulta inequivocabilmente chiaro dal suo trasalire (auffahrend) e dalla sua emozionata esclamazione (Was ist? Isolde?) all’annuncio fattogli da Kurwenal dell’arrivo del messaggio recato da Brangäne. Ma subito si ricompone (Er fasst sich schnell...) e per ora continua a tirare la corda, rifiutandosi di far visita alla principessa, con la scusa di dover reggere il timone.

Isolde, dal canto suo, è ormai convinta, dal comportamento tenuto da Tristan, che egli per davvero la consideri nulla più che un articolo da regalo (per Marke). Lo ama, ma contemporaneamente comincia ad odiarlo - e non solo per la sua indifferenza, ma anche per la sua ingratitudine - e a meditare sull’insostenibilità del suo proprio futuro: dover sopportare la vicinanza dell’uomo amato senza poterlo avere (Ungeminnt den hehrsten Mann stets mir nah zu sehen, wie könnt ich die Qual bestehen?)

Analizziamo un attimo lo stato in cui si trova la sua psiche: lei si è innamorata dell’uomo che le ha appena ucciso il promesso sposo, quindi subisce già per questo una gigantesca costrizione psichica, con annesso senso di colpa; per di più, l’uomo di cui si è innamorata la ignora bellamente (frustrazione...) Insomma: lei ama perdutamente un tale che le ha distrutto la felicità passata e contemporaneamente le prepara l’infelicità futura! Davvero una condizione insostenibile. 
Come si vede, il disegno di Tristan parrebbe concretizzarsi…

Ma lei, fra la scelta tra eterna infelicità con Marke e resa incondizionata a Tristan, decide per la terza opzione: farla finita... Da sola? Fosse così, le basterebbe tracannare il filtro di morte dall’ampolla che lei stessa ha chiaramente contrassegnato. No, evidentemente anche Tristan deve morire, per pagare la sua colpa, il suo peccato di presunzione, di ingratitudine, di indifferenza e di superbia; affinchè - almeno nella morte - i loro destini si possano finalmente incontrare. Il problema di Isolde, a questo punto, è: come creare l’occasione per il mortale brindisi con lui?

Quando Kurwenal la sollecita a prepararsi per essere accompagnata da Tristan verso Marke, è lei a trasalire e rabbrividire: il viaggio sta per concludersi, e l’occasione rischia di sfumare! E allora trova un pretesto - la riconciliazione dovutale per una colpa non espiata - per incontrare Tristan prima dello sbarco. E fa preparare a Brangäne il filtro di morte, per Tristan e per sè.

Tristan - anche per lui ormai il tempo stringe - adesso dimentica il pretesto del timone e si presenta ad Isolde, ma con atteggiamento formale, scruta le intenzioni della donna (segretamente spera ancora e sempre nel miracolo?) risponde con frasi fatte alle di lei rimostranze riguardo l’etichetta, domanda quale sia il motivo per cui Isolde chiede riconciliazione.

Per tutta risposta, Isolde si inventa una nuova, inverosimile spiegazione al comportamento da lei tenuto con Tantris. A Brangäne aveva raccontato una prima verità: di non aver ucciso Tantris perchè intenerita dalla sua misera condizione... A Tristan racconta invece di averlo risparmiato e rimesso in sesto perchè lui potesse poi essere vittima di un legittimo vendicatore di Morold (!?) Vendicatore che però non può esistere in alcun luogo, essendo ora Tristan da tutti amato...

Al che Tristan, pallido e cupo, offre ad Isolde la sua spada perchè lei stessa possa compiere la vendetta. Ma attenzione: le si rivolge non più con il lei, ma con il tu (!?!) Perchè questo stato d’animo? E perchè questo improvviso mutamento di etichetta? Comincia per caso a sospettare che Isolde non lo ami? Che il suo atteggiamento di allora fosse davvero motivato dal solo, cinico disegno di vendetta? (o da pura carità cristiana, null’altro?) Insomma: un sospetto che ingigantisce la sua frustrazione; sì, poichè se le cose stessero così, allora sarebbe tutto il suo castello di carte a cadere miseramente. E con esso perderebbe di significato la sua propria esistenza: ed allora, tanto vale chiuderla, una volta per tutte! E per di più offrendo a quella stessa donna altera e presuntuosa la spada con cui finirlo, per manifestarle tutta la sua superiorità di maschio…

Isolde rifiuta però la spada adducendo due giustificazioni: (a). Come potrei uccidere il servitore fedele del Re a cui vado sposa? (b). Ciò che non feci tempo addietro (con Tantris) a maggior ragione non potrei fare ora. Ma allora, sta forse per cedere? Per rivelare a Tristan che lei lo ama fin dal primo momento? Al contrario, lei decide di alzare ulteriormente la posta, aggiungendo un particolare di portata capitale: tu, Tristan, mi guardasti fisso negli occhi per valutarmi (come fa un mediatore di vacche che scruta un capo per deciderne il prezzo) e per capire se ero degna di andare in sposa al tuo Re (!?!) Ma davvero Isolde è convinta di una simile ipotesi? Insomma: sta qui confermandoci di aver ormai perso tutte le speranze, oppure sta tentando l’estrema provocazione, per costringere Tristan a cedere?

E infatti, dopo che Isolde rifiuta la spada, Tristan cade in cupa meditazione (...düsterem Brüten). Come mai? Sta forse ancora cercando di capire quali carte stia giocando l’altra? Oppure è per caso anche lui sul punto di cedere? Perdinci, lui sa bene quali fossero (e siano) i suoi sentimenti verso Isolde e che quando le rivolse quello sguardo non era certo per misurarne le qualità esteriori... gli basterebbe una parola per rompere finalmente quel muro di presuntuosa incomunicabilità che li separa!

E invece, finster (cupo) sempre più schiavo della sua nevrosi, decide pervicacemente di continuare nel braccio di ferro, e pronuncia la famosa, criptica frase: ...fass' ich, was sie verschwieg, verschweig ich, was sie nicht fasst.

Che significa? Non significa, per caso (nel suo maschilista subconscio!): io ho capito che tu mi ami, anche se me lo nascondi... mentre tu non capisci che io ti amo, e perciò te lo nascondo (perchè non mi meriti...) ?!?

Ormai il tempo stringe, si sta gettando l’àncora, e Isolde non può che giocare il tutto per tutto: mit leisem Hohne, quasi schernendolo, detta a Tristan il discorsetto di circostanza da fare a Marke, di lì a poco, in occasione della consegna del regalo!

E Tristan, a questo punto - ormai ha la disperata conferma che il futuro rischia di essere insopportabile per lui, quanto e più che per Isolde - beve per primo e da solo. In modo da chiudere (guarire del tutto) un’esistenza divenuta per lui invivibile e contemporaneamente per dare alla donna che non lo ha capito - o che non si è voluta piegare - l’estrema, inequivocabile e sprezzante lezione di superiorità.

E infatti Isolde si sente ancora e nuovamente tradita e disprezzata: per bere a sua volta, deve letteralmente strappargli di mano la coppa.

Insomma: nessuno dei due ha voluto/saputo cedere all’altro(a). Una speculare schizofrenia li ha costretti ad agire contro se stessi e - in definitiva - contro l’Amore!

La tensione psicologica, che si era creata entro ciascuno dei due e fra i due, ha ormai raggiunto il suo apogeo: in realtà siamo arrivati al limite di rottura di quell’instabile equilibrio, al momento in cui il surplace risulta non più prolungabile.

A questo punto il dramma avrebbe anche potuto chiudersi lì, con i due protagonisti a morire, ai lati opposti della scena, ciascuno vittima della propria presunzione, oltre che delle vigenti convenzioni (Ehre e Schmach). Insomma: un tragico atto unico, una Cavalleria Rusticana ante-litteram e sui-generis!

Wagner aveva però ancora da confezionare, per poi somministrarceli, due etti - pardon, due atti - di oppio (amore e morte); e, come farebbe ogni grande mago o stregone, si è servito di un filtro per garantirsi la possibilità del taglio e dello spaccio.    

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