ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

14 marzo, 2015

Orchestraverdi 14-15 – Concerto n° 25


C’è del Mozart anche nel concerto di questa settimana diretto da Fawzi Haimor, 31enne americano di ascendenza mediorientale. È un Mozart messo in sandwich fra le due opere che stanno alle estremità della produzione di Sergei Prokofiev. Dico subito che la proposta (credo proprio a causa di Prokofiev) non deve aver entusiasmato il pubblico, ieri sera piuttosto smagrito.

Ad aprire il concerto è la Sinfonietta che il compositore russo (allora 18enne) scrisse nel 1909, come opus 5 e poi rimaneggiò più di una volta, pubblicandone la versione definitiva 20 anni più tardi, come opus 5/48. A chiuderlo è la Settima Sinfonia, opus 131, in pratica l’ultima composizione completata da Prokofiev (1952) un anno prima di lasciare improvvisamente questa valle di lacrime in buona compagnia di tale Stalin (che aveva però 13 anni più di lui).

Dunque, la Sinfonietta. Un lavoro che mostra già una grande maturità, oltre che la volontà di innovare rispetto alla tradizione: non è un caso che gli insegnanti di Prokofief al Conservatorio avessero storto il naso di fronte ad una musica che usciva parecchio dai binari di Ciajkovski, come da quelli del gruppo dei cinque. Peccato che questi insegnanti fossero morti e sepolti nel 1947, poiché si sarebbero proprio ricreduti, ascoltando la quinta, e si sarebbero poi esaltati nel 1952 all’ascolto della settima!

Haimor deve avere un suo clock interno molto particolare: i suoi tempi sono mediamente letargici, e ciò nuoce gravemente alla salute di opere come questa, che meriterebbero di essere eseguite con brio, freschezza e velocità. Al contrario, dirette da lui fanno… addormentare. Peccato, perché i ragazzi si sono impegnati al massimo, come sempre.
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Gabriele Carcano interpreta poi il Concerto K 491 di Mozart. Concerto in DO minore, proprio come il Terzo beethoveniano (che a quello di ispirò) e che il giovane torinese aveva suonato (benissimo) qui in Auditorium meno di un anno fa con Bignamini.

Seguiamo la struttura del concerto insieme a Rudolf Buchbinder e ai Wiener.
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L’iniziale Allegro in 3/4 è ovviamente in forma-sonata, che Mozart interpreta però con la consueta… libertà: ci sono l’esposizione strumentale, quella del solista, lo sviluppo e la ricapitolazione, ma in uno scenario lontanissimo dallo stereotipo scolastico. I temi e la loro manipolazione sembrano sfuggire da tutte le parti alle regole codificate, che anche qui il grande Teofilo pare divertirsi a sovvertire, o a piegare alle sue urgenze espressive.

13” Esposizione orchestrale in piano (archi e fagotti) del primo tema (T1).
29” Ripetizione enfatica (forte, piena orchestra, timpani) di T1.
48” Una prima transizione, basata su una variante del tema.
58” Una seconda transizione, attivata dall’oboe, pure basata su una nuova variante del tema.
1’10” Sezione conclusiva della prima esposizione del primo tema, aperta dal flauto, sempre in DO minore e poi proseguita dal clarinetto in MIb maggiore e chiusa dagli altri legni sul DO minore.
1’35” Ritorno del tema T1 a piena orchestra.
1’50” Sezione conclusiva dell’esposizione orchestrale, costituita da un motivo in LAb maggiore nei violini.
2’13” Ritorno a DO minore e chiusura dell’esposizione orchestrale (con cadenza su sesta napoletana).

2’27” Entrata del solista con l’esposizione di un nuovo tema (T2) sempre in DO minore.
2’53” L’orchestra ripropone T1, forte.
3’01” Il solista riprende T1, variato e poi sviluppato con scale ascendenti e discendenti di semicrome.
3’30” Ecco ora un nuovo tema nel pianoforte (T3) nella relativa MIb maggiore.
3’41” T3 è ripreso dall’oboe e dal clarinetto.
3’51” Il solista apre ora una nuova transizione (DO minore) ricca di virtuosismi.
4’34” L’oboe presenta un nuovo motivo (T4) ancora in MIb maggiore.
4’48” Il solista lo riprende, variandolo.
5’00” Inizia ora in MIb minore (con divagazioni nella relativa SOLb maggiore) una lunga transizione verso la chiusura dell’esposizione, basata sempre sul tema T1 e con veloci volate di semicrome del solista.
5’25” il solista torna a MIb maggiore, dove si esibisce in altri virtuosismi, culminanti in un arpeggio dei corni.
5’54” Un nuovo motivo in oboi, clarinetti e violini (sempre in MIb) porta alla chiusura dell’esposizione.

6’17” Il solista introduce lo sviluppo con la riproposizione del tema T2, innalzato di una terza minore (MIb).
6’46” Torna poi T1, anch’esso innalzato, ma di una quarta: Fa minore (!)
7’20” Nuova sezione dello sviluppo, caratterizzata da botta-e-risposta fra solista e orchestra e svariante in diverse tonalità.
7’40” Nuova sezione dello sviluppo, in MIb.
7’49” Ultima sezione dello sviluppo, con virtuosismi del solista, che riporta la tonalità a DO minore.

7’58”  Inizia qui la ricapitolazione, con il tema T1, forte, nell’orchestra, poi ripreso, piano, dal solista.
8’36” L’oboe ripropone T4, ora in DO minore, tema ripreso con virtuosismi dal pianoforte.
9’00” Tocca ora al tema T3 essere esposto in DO minore dal pianoforte, poi imitato dall’oboe.
9’21” Lunga transizione, mutuata da quella dell’esposizione.
10’17” Riecco T1 nell’orchestra condurre verso la cadenza solistica.
10’37” Cadenza (Mozart come quasi sempre non ne ha lasciata una autografa).
12’04” Inizio della sezione conclusiva, mutuata da quella dell’esposizione.
12’33” Il solista accompagna con arpeggi la coda finale, chiusa in pianissimo.

Il centrale Larghetto è in MIb maggiore, 4/4 alla breve: si tratta di una romanza in forma di rondò relativamente semplice (A-B-A’-C-A). I temi o motivi sono sei, due per ciascuna sezione (A-B-C).

13’08” È il solista ad esporre il tema T1 per quattro battute, subito imitato dall’orchestra.
13’45” Ancora il solista, accompagnato dai soli archi, poi dai fiati, presenta il secondo motivo T2, che chiude sulla dominante SIb.
14’24” Sempre il solista ripete il tema T1, intercalato dai fiati.

14’42” Si apre qui la sezione B del rondò, che è nella relativa DO minore: sono i fiati ad esporre il tema T3a.
14’56” Il solista espone ora il motivo T3b, che chiude in SOL minore.
15’15” I fiati tornano a MIb maggiore esponendo per terze un nuovo motivo T4a, che chiude in DO minore.
15’33” Il solista risponde con un motivo T4b, chiuso da una transizione in biscrome che riporta la tonalità a MIb maggiore per la ripresa della sezione A’ del rondò.

16’09” Riecco quindi il solista nel tema T1, che esaurisce questa sezione.

16’26” Abbiamo ora la sezione C del rondò, in LAb maggiore, aperta da un nuovo tema T5a, ancora nei fiati.
16’45” Il solista risponde con il motivo T5b.
17’01” I fiati prendono il testimone esponendo il tema T6a.
17’18” Il solista ancora incalza con il motivo T6b.
17’35” Qui subentra in orchestra una transizione che, modulando al MIb, prepara l’arrivo della sezione conclusiva.

17’57” È il pianoforte, solo, ad introdurla con il tema T1.
18’15” Il solista, ora con gli archi, e poi i fiati, espone di seguito il tema T2, che sale alla dominante SIb, poi rimodula alla tonica, fermandosi sulla sottodominante LAb su una corona puntata.
18’54” Il solista riespone con l’orchestra il tema T1.
19’11” Qui iniziano 12 battute di Coda, caratterizzate dall’esposizione di nuovi motivi, in un’atmosfera davvero idilliaca. Chiude un arpeggio in staccato del pianoforte.

Il finale Allegretto (4/4 alla breve, salvo l’ultima variazione e la coda, 6/8) si configura come un tema con 8 variazioni, più una coda. La tonalità è DO minore, con digressioni a LAb maggiore e DO maggiore.

20’19” È l’orchestra ad esporre il tema, costituito da due sezioni ripetute (col da-capo): la prima chiude sul SOL, la seconda sul DO.
21’12” Il solista presenta la prima variazione, con modesto accompagnamento degli archi. Anche questa in due sezioni, entrambe ripetute.
21’58” I fiati espongono la seconda variazione, raggiunti poi dal pianoforte: la cosa si ripete, con contenuti diversi, quindi la variazione è doppia.
22’45” Anche la terza variazione è doppia: la attacca con pesanti accordi il solista, imitato poi dall’orchestra. Altro intervento del pianoforte ed altra risposta orchestrale.
23’35” La quarta variazione (doppia) è in LAb maggiore, aperta dai clarinetti, cui risponde il solista con gli archi. Nuovo intervento dei clarinetti e nuova risposta del pianoforte.
24’25” Il solista apre la quinta variazione, sempre doppia, col ritorno a DO minore, e ne è quasi esclusivo protagonista.
25’21” L’oboe presenta la sesta variazione, pure doppia, che modula a DO maggiore: anche qui scambio di battute fra solista più orchestra e i fiati.
26’21” Si torna a DO minore per la settima variazione, questa semplice, dove pianoforte e orchestra sono in continuo dialogo, chiuso da una brevissima cadenza solistica.
26’58” Qui, col tempo che cambia a 6/8, ecco il pianoforte solo cimentarsi con l’ottava variazione, intrisa di cromatismi.
27’19” Riprendendo un inciso dell’ultima variazione, il solista introduce la lunga coda conclusiva, quasi una nona variazione.
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Carcano ha confermato tutto ciò che di buono si conosceva di lui: ha affrontato questo Mozart come un… mozartiano doc, tocco sempre leggero, raffinate mini-cadenze, niente velleità romanticheggianti fuori luogo; insomma una prestazione, la sua, davvero eccellente, meritatamente accolta con grandissimo calore.
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Tornando a Prokofiev, ecco infine la sua Settima (e ultima) Sinfonia. Un ritorno - difficile dire quanto (ma certamente) condizionato dal regime, e del resto già anticipato dalle due precedenti sinfonie – a modelli della tradizione, Ciajkovski in primis, ma non mancano… Bruckner e Mahler. Una sinfonia chiaramente demodé, scritta probabilmente per fare un sotterraneo sberleffo ai vari Zdanov, come a dire: ah, il compositore sovietico dovrebbe sfornare musica come questa? Eccola qua, vi servo tutta la melassa che mi chiedete. Addirittura arrivò ad aggiungere 23 battute al finale, per accontentare i critici ufficiali che storcevano il naso di fronte alla chiusura in piano, pizzicato (così anni dopo morto si ebbe il premio Stalin di prima classe, invece che di terza… una bella soddisfazione!)   

Haimor non si smentisce e tiene quasi in continuazione il piede sul pedale del freno, il che nulla toglie ai meriti dei ragazzi che hanno come sempre dato il massimo. Però – Carcano a parte – devo ammettere che gli assenti stavolta non hanno avuto tutti i torti.

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