ricongiungimenti

Maurizio & Claudio

17 ottobre, 2014

Orchestraverdi 14-15 – Concerto n° 5

 

Il Direttore Principale de laVERDI, John Axelrod, esordisce nella stagione guidando l‘Orchestra in un programmone tardo-romantico, per la verità più adatto al 2 novembre (smile e scongiuri!) visto il tasso di… morte che lo caratterizza. Morte proprio nei titoli di due delle tre opere, ma aleggiante assai anche sulla terza.

Per tirarci su il morale, oltre alle due morti, la prima parte è occupata, secondo un clichè ormai consolidato, da due Verklärungen: quella che chiude l’accoppiata Preludio+Liebestod dal Tristan e quella che compare, insieme alla Tod, nel titolo di Richard Strauss.

Il pezzo di Wagner fu estrapolato dal dramma dallo stesso Autore che necessitava, ai tempi, di far digerire a pillole, o piccole dosi, il suo prodotto considerato a torto o a ragione del tutto indigesto (ci vollero 6 anni di tentativi abortiti prima di poter assistere ad una rappresentazione completa del Tristan). Oggi, francamente, credo si dovrebbero evitare queste esecuzioni, che riducono un capolavoro a merce da discount (con tutto il rispetto). No comment (salvo il riconoscere il giusto merito a chi ha suonato).
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Il secondo brano in programma è Tod und Verklärung, il terzo dei Tondichtungen che Strauss compose a 25 anni, un periodo di grande effervescenza creativa, se è e vero che insieme all’Op.24 videro la luce anche Don Juan (op.20) e Macbeth (op.23).

Il bavarese dichiarò di essersi ispirato alla generica immagine di un uomo (anzi, un artista, secondo lui) sul letto di morte e dettò una specie di soggetto dell’opera, che si può così riassumere:

- si entra nella stanza dove il malato giace sofferente;
- gli tornano alla mente ricordi della fanciullezza;
- il dolore si fa più forte e insopportabile;
- tornano ancora i ricordi della pienezza della vita;
- appare l‘ideale, sempre cercato, e mai raggiunto in vita;
- il male ha finalmente il sopravvento;
- trasfigurazione finale: l‘anima abbandona il corpo per ritrovare, negli spazi eterni, il proprio ideale, ora compiutamente realizzato…

Proviamo a seguire la musica sulla registrazione fattane proprio dall’Autore a Vienna nel 1944, un anno abbondante di morti… senza trasfigurazioni!
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Naturalmente il brano presenta una struttura non strettamente riconducibile a forme classiche, tuttavia assai chiara e rigorosa. Vi possiamo distinguere:

- Introduzione
- Esposizione primo gruppo tematico
- Transizione al secondo gruppo tematico
. Esposizione secondo gruppo tematico
- Sviluppo
- Ripresa
- Coda

Le strutture fondamentali dei temi richiamati sono consultabili nella figura posta alla fine della descrizione del brano. Dando uno sguardo d’insieme, prima di addentrarci nei dettagli, si può dire che Strauss abbia fatto ricorso ai canoni della forma-sonata, liberamente derogando da essi per adattarli al proprio intento poetico (la Dichtung!) Così i due gruppi tematici presentano caratteristiche contrastanti (nella più pura tradizione beethoveniana): il primo duro e maschio, in modo minore (dolore e sofferenza); il secondo cantabile e spensierato, in modo maggiore (fanciullezza e aspirazioni). Nella transizione fra i due, Strauss introduce, derogando dai sacri canoni, il tema (dell’ideale, o della trasfigurazione) che alla fine occuperà il centro della scena. Nello sviluppo i due gruppi tematici si confrontano e scontrano (e anche qui siamo a Beethoven) ma fra loro si insinua anche il tema dell’ideale. Anche la ripresa è tutto sommato rispettosa (ma con parecchie libertà) delle regole codificate: vi compaiono solo due temi dei due gruppi, più l’ideale, che poi monopolizzerà la coda.

Introduzione (tempo: Largo – tonalità: DO minore)

Come nella più pura tradizione Haydn-iana, Strauss apre il brano con una Introduzione lenta, prima di attaccare il proverbiale Allegro. Vedremo però, a differenza del modello classico, come questa introduzione cominci a proporre temi (o meglio, loro spezzoni o germogli) che costituiranno l’ossatura dell’opera.  
Si parte. Violini e viole, sostenuti subito dopo dal fagotto e poi ancora dagli altri fiati e dai corni, espongono un pedale sincopato, a rappresentare l‘irregolarità del respiro (o del battito del cuore?) del malato.
30”. I timpani soli ribattono le sincopi, su cui gli archi inseriscono un inciso calante (SOL-FA) ripetuto due volte, che forse rappresenta i faticosi sospiri del malato, caratterizzati da breve inspirazione (una semiminima) e da lunga espirazione (minima puntata) mentre i flauti aggiungono a loro volta due guizzi ascendenti (come fossero delle fitte lancinanti?)
53”. Ancora le sincopi negli archi, poi (1’05”) un accordo di LAb maggiore porta a due nuovi sospiri (DO-SI) sulle sincopi riprese dai timpani e con altre due fitte nei flauti.
1’29”. Gli archi inducono una modulazione della tonalità, salendo da DO a  REb maggiore, dove l’arpa introduce un motivo dolcemente fluttuante, esposto dai flauti. Scopriremo più avanti essere questo il germe di uno dei temi del secondo gruppo, quello che evoca le aspirazioni della giovinezza. Per comodità, dato che ricompare più volte, lo chiamerò il motivo del germoglio. Subito gli oboi risalgono la china, con quattro note di reminiscenza un po’ tristaniana e quindi il germoglio è riesposto dai clarinetti, sulla dominante. Questo frammento tripartito tornerà ancora a farsi udire, anche in forma arricchita.
1’55”. Ancora le sincopi nei timpani, i sospiri negli archi (REb-DO) e le fitte nei flauti, poi altre sincopi nei clarinetti e negli archi, con sospiri del clarinetto basso e altri nel corno inglese e nei fagotti.
2’44”. Su una nuova modulazione, a LAb minore, l’oboe ci anticipa (2’52”) il tema che rappresenta i bei ricordi della fanciullezza del malato: un salto di ottava ascendente, poi calma dolce discesa, con due morbidi ondeggiamenti. L’arpa lo accompagna delicatamente.
3’17”. I flauti riprendono in LAb maggiore il dolce motivo del germoglio, aprendo la strada (3’31”) al violino solo, che riespone, in DO maggiore, il tema della fanciullezza (ora caratterizzato da un secondo slancio verso l’alto) seguito dalla riproposizione (3’55”) del frammento già udito, con la sequenza dei tre motivi in flauti, oboi e clarinetti.
4’15”. Tornano i sospiri negli archi (DO-SI) sui quali spicca il germoglio, prima nei flauti, poi nei fagotti, ma in tonalità minore.
4’36”. Ecco nuove sincopi dei timpani, seguite ancora dal germoglio, un poco agitato (4’49”) nello spettrale timbro del corno inglese, indi la risalita nelle viole e nei violoncelli, e poi un lamento dei flauti (DO-REb-DO) seguito dal germoglio, negli oboi, ora in Do maggiore; quindi ancora la risalita in clarinetti e violini, poi ancora due lamenti dei flauti.
5’38”. Qui le sincopi nei corni conducono alla prossima sezione.

Esposizione primo gruppo tematico (tempo: Allegro molto agitato - tonalità: DO minore)

5’49”. Un poderoso DO in unisono di archi bassi, tuba, tromboni, corni, controfagotti e timpano scuote come fosse una mazzata il malato. Negli strumentini si risentono le sincopi, mentre gli archi bassi  e legni espongono (in DO# minore) il primo tema, detto del dolore, sempre più insopportabile: un tema che inizia con tre note ascendenti (MI-FA##-SOL#) ripetute tre volte, poi si allarga e sale ancora, come di un male che cresce di intensità…
6’12”. Solo un attimo di pausa (SOL maggiore) ma poi riprende il calvario, col tema intercalato da sussulti e fitte in un continuo crescendo, che porta ad una sospensione sul FA (6’45”, furioso).
6’49”. Ecco quindi – protervo! - un secondo tema della sofferenza, DO minore: due semiminime (SOL-LAb), una terzina ascendente (SOL-LAb-SI), ancora due semiminime (DO-MIb), poi il culmine sulla dominante SOL.
6’56”. Si ridiscende, come a riprendere fiato, con tre successivi respiri negli strumentini e violini (è come la voglia di vivere del malato) ma subito il dolore torna: due note secche e la terzina ascendente: eccolo nel trombone a 7’08” e poi si mescola ai tentativi di respiro, e cresce di intensità, salendo di semitono in semitono, nei corni, ancora nel trombone e infine, su un grandioso crescendo generale (7’25”) si staglia prima nei tromboni e poi nelle trombe nel marasma di un poderoso e sporco accordo di DO minore, col timpano a battere sincopi frenetiche.

Transizione al secondo gruppo tematico

Il termine transizione è impiegato regolarmente nelle esegesi e analisi strutturali dell’opera. Come tale, una transizione non dovrebbe presentare nuovi temi portanti. Invece non è così, poiché vedremo come  introduca nientemeno che il tema fondamentale del brano!
7’29”. Ora si instaura una continua lotta fra il male e il malato, con sussulti, quasi dei colpi di tosse negli archi e strumentini. A 7’40” affiora un nuovo motivo, ascendente, nei violini, in tempo molto agitato, culminante nel lamento già udito in precedenza; ancora il motivo ascendente, poi brevi incisi (7’50”) di quattro note, tre ascendenti che si chiudono con una seconda discendente; quindi il crescendo che porta (8’02”) alla nuova esplosione della sofferenza, in tutta l‘orchestra, in DO minore.
8’06”. Come poco fa, anche ora segue la voglia di vivere (anche se rimane nell’aria una specie di ansia) che cresce fino a culminare, in tempo poco ritenuto, con l‘esposizione (8’27”) negli ottoni del grandioso e fondamentale tema dell‘ideale, o meglio la prima parte  di esso, in SIb maggiore, poi (8’33”) in MIb maggiore: un tema  entusiasmante, per il moto ascendente, dalla dominante alla tonica, da cui prende come la rincorsa per salire alla mediante e di qui spiccare un balzo all‘insù di un‘ottava piena, ripiegando poi sulla sopratonica. E qui non si può non riconoscere come questo moto degradante da mediante a sopratonica altro non sia se non un frammento dell’incipit del tema della fanciullezza! Come a dire: i sogni che il ragazzo, diventato uomo, cerca di trasformare in ideali di vita.
8’40”. Con un calando del tempo, poi ancora molto ritenuto, ci si adagia sul MIb maggiore, per poi passare, con una modulazione nei violini, alla successiva…

Esposizione secondo gruppo tematico (tempo: Meno mosso - tonalità: SOL maggiore)

9’16”. I flauti espongono il tema della fanciullezza, che era stato già preannunciato nell’Introduzione, e che si dipana qui in modo completo: lo riprendono (9’43”) a canone, le sole prime parti di violini, violoncelli e viole.
9’55”. Ora, leggermente mosso, oboi e arpe introducono un tema esitante, come di un bimbo che muove i primi passi, che si intercala, nella viola, poi nel violino e quindi in flauti e clarinetti, con l‘inciso del germoglio.
10’12”. I violini riprendono il tema della fanciullezza, ancora a canone, adesso contrappuntato dal tema esitante nell‘arpa.
10’43”. Il tempo un poco agitato ripresenta tre sussulti di sofferenza successivi, in  tre diverse sezioni dell‘orchestra, ma i ricordi riprendono rapidamente il sopravvento.
10’51”. Infatti (un pò più stretto) corni e fiati espongono un nuovo tema, in MIb maggiore, alquanto virile, a rappresentare le aspirazioni della giovinezza: in realtà altro non è che la fioritura completa del germoglio! Ed infatti con esso si contrappunta, oltre che con il tema della fanciullezza, in un crescendo (poco stringendo) che porta, dopo una discesa e successiva risalita nei violini al successivo…

Sviluppo (tempo: Appassionato)

11’28”. Il tema della fanciullezza viene adesso usato come sottofondo ad una sua vivace variazione, reiterata dagli archi e fiati (dapprima in SI maggiore), fino al primo di ben quattro interventi (11’51”) di tromboni (e timpani) a riproporre le terribili sincopi, seguite da tre sussulti che fanno pensare ad un infarto. Le quattro irruzioni avvengono ad altezze crescenti di un semitono, dal SOL al LAb, al LA, al SIb-SI.
11’57”. Il tema variato riprende, in FA maggiore, fino al secondo scoppio di sincopi (12’06”) in LAb nei soli tromboni, questa volta seguite da due sussulti. Il fenomeno si ripete a 12’14”, in LA, con due sussulti nei tromboni seguiti da quattro nei timpani. La tonalità vira momentaneamente a RE maggiore (molto appassionato) per l’ultima irruzione dei tromboni (12’22”)  di durata doppia (SIb-SI) e cinque sussulti successivi.
Il tema della fanciullezza continua ad imperversare, siamo ormai alle soglie del delirio, ed ecco (12’34”) ricomparire, sempre nei tromboni, l‘altro tema squassante della sofferenza, una, due (12’44”), tre (12’47”), quattro (12’50”) e cinque volte (12’53”) le ultime due inalberandosi fino al REb, invece di fermarsi sul DOb! E ogni volta accompagnato dalle sincopi di strumentini o archi.
12’56”. Il tema della fanciullezza si rifà largo per l’ultima volta, tumultoso, a canone prima largo e poi sempre più stretto nei corni e negli archi, in LAb maggiore, fino a sfociare (13’07”) in un accordo di tutta l’orchestra sulla dominante MIb.
Qui, poco stringendo, clarinetti, fagotti e archi bassi conducono alla perorazione (13’13”) del tema dell’ideale, in LAb maggiore. È sempre la prima parte ad essere esposta: la seconda discendente che la conclude, viene ribadita tre volte, poi inquinata (13’30”) da un SI naturale del primo trombone, per lasciare spazio ad una specie di pausa di riflessione, occupata prima da motivi ascendenti nell’oboe, poi da spezzoni della fanciullezza.
13’48”. Ancora riappare l’ideale, adesso in LA maggiore, con due ripetizioni della chiusa (sempre storpiata a 14’01” dai tromboni) che portano, in un poco agitato, alla riesposizione del primo tema della fanciullezza.
14’10”. Poco a poco stringendo, questo tema – distorto assai, come quello della voglia di vivere che lo contrappunta - si accavalla a canone, fino ad essere disturbato (14’21” e 14’24”) da due ritorni, sempre nei tromboni, del tema della sofferenza, che sale prima al MI, poi si ferma al RE#.
14’33”. Riecco l’ideale, ora in REb maggiore, che comincia ad ampliarsi: adesso presenta una sola ripetizione della chiusa, ma poi (14’40”) si sviluppa ancora più in alto, prima di acquetarsi.
Ora la visione scompare lentamente e fa tornare in primo piano la malattia (15’03”) con le sincopi nel timpano che accompagnano cinque incisi (caduta di un semitono) in corni, archi e legni sull’ultimo dei quali ecco (15’40”) un’ultima fitta, cui segue una quiete carica di suspense

Ripresa (tempo: Allegro molto agitato - tonalità: DO minore)

È ormai arrivata la fine: la malattia non dà più scampo. A 16’00” i temi del dolore e dei suoi terribili colpi (la sofferenza) scuotono il corpo del malato, il cui respiro si fa sempre più affannoso, mentre il moribondo sembra disperatamente ribadire la sua voglia di vivere.
16’19”. 18 colpi secchi (tromboni e timpano) in controtempo sembrano proprio una scarica di bastonate sul capo del morente. Ed ecco che, sugli ultimi quattro (16’25”) poco ritardando, una scala ascendente di violini e legni, quasi un glissando, ci dice che… l‘anima è spirata (16’28”).
Qui pare quasi di accompagnare lo spirito che sale verso il cielo: in tempo moderato e tonalità DO maggiore, su un pedale di tonica del controfagotto, della tuba e dei contrabbassi, con i timpani a rullare sommessamente e colpi di tam-tam e minime dell’arpa in controtempo a scandire la… salita, gradino per gradino, i corni e poi i legni, a canone largo, espongono frammenti del tema dell‘ideale, in contrappunto a quello della fanciullezza, negli archi, cui si aggiungono poi le due arpe a creare un sottofondo celeste. Lentamente si sale alla dominante SOL (ci par di essere Siegfried che si affaccia sul pianoro della rupe di Brünnhilde!) in attesa della…

Coda (tempo: Tranquillo - tonalità: DO maggiore

18’45”. Negli spazi celesti si realizza ciò che in terra non fu consentito! Il tema dell‘ideale, che il malato aveva inseguito in vita, ma senza mai riuscire a realizzarlo in pieno, ora si libra (19’08”) in tutta la sua estensione e in tutta la sua magnificenza. Sono fiati e ottoni a condurlo, con gli archi a sostegno, con scale ascendenti, insieme agli oboi e al corno inglese.
Il tema sale con dolci volute fino alla dominante (19’45”) per poi lentamente degradare. A 20’14” riprende ancora, ma adesso (20’17”) i violini intercalano il tema della fanciullezza, come qualcosa di ormai lontanissimo, prima in DO, poi (20’33”) in RE, poi ancora (20’48”) in MI maggiore. Il concetto filosofico è abbastanza chiaro: i sogni che in terra erano ambiziosi e grandiosi (ma sogni restavano) si dileguano nell’estasi metafisica.  
Si modula quindi, passando fugacemente dal MIb, a SIb maggiore (21’08”) per tornare, negli ottoni (21’21”) al DO maggiore con cui l‘ideale si ripresenta, in primo piano e in forma invero colossale, sviluppandosi ulteriormente fino ad adagiarsi (21’58”) sulla dominante SOL.
22’04”. Il tema (ma solo l’incipit) si affaccia ora sommessamente in corni e trombe, poi ancora in tromboni, trombe, violini e legni, fino a spegnersi, in pianissimo, sull’accordo perfetto di DO maggiore dell’intera orchestra.

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Axelrod, che ha diretto tutto il concerto senza bacchetta, qui ha forse ecceduto in sostenutezza, almeno se confrontato con l’asciutta interpretazione dell’Autore citata più sopra. Comunque un’ottima prova di tutta l’orchestra, davvero in grande spolvero.
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Chiusura alla grande con la Patetica. Qui il texano non ha usato mezze misure: nell’Allegro molto vivace in particolare si è scatenato e, dopo il quadruplice tonfo in SOL, il pubblico (anche coloro che… sanno) non ha potuto restarsene in religioso silenzio ad aspettare il finale lamentoso, ma è scoppiato in un lungo applauso liberatorio.

Perdonerò al Maestro qualche americanata di troppo (parlo di stiracchiamenti di tempo qua e là) in forza della complessiva eccellenza dell’esecuzione.

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